
Sebbene l'ipoacusia possa manifestarsi in qualsiasi momento della vita, la sua prevalenza aumenta notevolmente con l'età. Le ricerche hanno dimostrato che le persone affette da ipoacusia hanno maggiori probabilità di sviluppare un deterioramento cognitivo.
Una ricerca condotta negli Stati Uniti dal professor Frank Lin, della Johns Hopkins University di Baltimora, e colleghi, ha dimostrato che il numero di persone con perdita uditiva lieve o elevata aumenta con l'età. Un altro grave problema di salute direttamente legato all'età è rappresentato dai deficit cognitivi che, a partire dai 70 anni, aumentano dell'1% all'anno.
La relazione tra ipoacusia e deficit cognitivo nella popolazione adulta/anziana è stata oggetto di diverse ricerche cliniche. Questi studi hanno dimostrato che le persone con perdita dell'udito, rispetto ai coetanei non affetti, hanno una probabilità significativamente maggiore di sviluppare tali deficit. In una delle prime ricerche, pubblicata nel 1989, si concludeva che l'ipoacusia, nei soggetti anziani, rappresenta un fattore in grado di contribuire alla compromissione delle facoltà cognitive, secondo una relazione di proporzionalità diretta: maggiore è il livello di ipoacusia, maggiori sono le probabilità di sviluppare deficit. Ne consegue che la correzione dell'ipoacusia non solo sarebbe in grado di "prevenire" la progressione della demenza, ma potrebbe potenzialmente alleviarne i sintomi.
Frank Lin, insieme ai suoi collaboratori, ha condotto una ricerca seguendo 639 soggetti per 18 anni. All'inizio dello studio, in nessuno dei soggetti è stato riscontrato un deterioramento cognitivo, anche se alcuni di loro presentavano una perdita dell'udito. Durante i 18 anni di follow-up, sono stati diagnosticati 58 casi di deficit cognitivi più o meno gravi. Rispetto ai soggetti normoudenti, quelli con ipoacusia lieve, moderata e grave presentavano un rischio rispettivamente 2, 3 e 5 volte maggiore di sviluppare un deficit cognitivo.
Uno studio* più recente ha analizzato la relazione tra l'uso di apparecchi acustici e il rischio di sviluppare demenza in adulti di mezza età e anziani, utilizzando i dati provenienti dallo UK Biobank, uno studio su larga scala che ha coinvolto adulti tra i 40 e i 69 anni reclutati tra il 2006 e il 2010 in diverse località nel Regno Unito. La ricerca ha utilizzato modelli statistici per valutare l'associazione tra l'uso di apparecchi acustici (dichiarati dagli stessi partecipanti) e il rischio di demenza, sia di tipo generale che specifico. Sono stati identificati anche potenziali mediatori che hanno influenzato questa associazione, come l'isolamento sociale, la solitudine e l'umore, e fattori moderatori come l’istruzione, il reddito, il fumo, la morbilità e lo stato del gene APOE. Sono state incluse nell'analisi 437704 persone.
I risultati hanno mostrato che, rispetto ai partecipanti senza perdita uditiva, coloro con perdita uditiva e senza apparecchi acustici presentano un rischio maggiore di sviluppare demenza di qualsiasi tipo, mentre non è stata riscontrata una maggiore incidenza di demenza tra coloro con perdita uditiva che utilizzano apparecchi acustici. L'associazione positiva tra l'uso degli apparecchi acustici e la riduzione del rischio di demenza è stata osservata sia per la demenza generale che per i vari sottotipi di demenza, come l’Alzheimer.
Considerando che fino al 8% dei casi di demenza potrebbe essere prevenuto attraverso una gestione adeguata della perdita uditiva, i risultati dello studio sottolineano l'importante necessità di adottare misure per affrontare la perdita uditiva al fine di migliorare il declino cognitivo.
In conclusione, i risultati suggeriscono che affrontare la perdita dell'udito attraverso l'uso di apparecchi acustici potrebbe potenzialmente ridurre il rischio di demenza, sottolineando l'importanza di un intervento precoce e della gestione dei disturbi uditivi per promuovere il benessere cognitivo in età avanzata.
Sebbene la causa che collega le due condizioni rimanga sconosciuta, i ricercatori ipotizzano che gli sforzi richiesti per elaborare i suoni nel corso della vita possano sovraccaricare il cervello delle persone con perdita dell'udito, rendendole più suscettibili all'insorgenza di problemi cognitivi. Un'altra possibilità avanzata dai ricercatori è che la perdita dell'udito generi isolamento sociale, un fattore di rischio elevato e ben noto sia per i disturbi cognitivi sia per i fenomeni depressivi.
I risultati della ricerca suggeriscono che l'adozione di semplici rimedi, come l'uso di apparecchi acustici e una maggiore attenzione alla prevenzione e all'identificazione precoce della sordità, può portare a un miglioramento complessivo delle funzioni cognitive e, di conseguenza, ritardare l'insorgenza della demenza.
La cosa migliore da fare è intervenire sulla perdita uditiva e valutare l'acquisto di apparecchi acustici. Ciò consentirà un adattamento più rapido e un migliore comfort uditivo e, d'altra parte, di rallentare il progredire dell'ipoacusia e di mantenere le funzioni cognitive del cervello il più possibile.
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